Ormai i film migliori, quelli che nelle altre sale rimangono due giorni, dobbiamo cercarli nei cinema parocchiali

Vittorio Lingiardi, Il Venerdì

Torok dimostra un grande talento come regista in questo film girato interamente in bianco e nero, dove attraverso un buon uso della fotografia e della musica riesce a trasmettere allo spettatore l’inquietudine provata dai personaggi. Anche per questo egli ha già ricevuto numerosi premi ai Festival di Berlino, Gerusalemme e tanti altri. Si spera che anche nel nostro paese Torok possa ricevere la giusta attenzione.

Nathan Greppi, Bet Magazine Mosaico, Intervista al regista

Sono passati 50 anni dall’epoca in cui era ambientato High Noon. E siamo in una piccola stazione in Ungheria alla fine della seconda guerra mondiale. (…) Il treno arriva sbuffando, il sole è alto, il bianco e nero del film, altra cosa in comune con High Noon, è scintillante, il tempo atmosferico immutabile nel film western (e questo non lo è un western?) qui cambia, si aspetta, si profila una tempesta, che arriverà ad un certo punto e bagnerà tutto e tutti. Ma alla fine del film.

Michele Emmer, Alfabeta 2

I film della settimana: 1945

Rai 1, Cinematografo

Non c’è solo Solo. Non si può vivere – cinematograficamente parlando – solo dell’ennesimo spin-off della saga di Star Wars né dell’ennesima ammucchiata di supereroi Marvel. Il cinema, per fortuna, è anche altro.

Gianni Canova, 1945, La distribuzione di Mariposa Cinematografica

Intervista al regista Ferenc Török nella libraria Spazio BK

Rainews, Il Sabbatico, puntata 19 maggio 2018

I giovani sono il simbolo di una rinascita fatta intendere dal volersene andare verso una nuova vita, oppure dal distruggere letteralmente la realtà circostante.

Tiziana Cappellini, cinefile.biz

Approfittando della sua presenza in Italia, abbiamo incontrato il regista di 1945, Ferenc Török, e con lui abbiamo parlato dello stato del cinema, ma anche della Storia del suo paese, di ieri e soprattutto di oggi.

Carlo Cerofolini, taxidriver.it

Intervista al regista di 1945, Ferenc Török

Pasquale Pirisi, sentieriselvaggi.it

Possiamo davvero renderci conto del livello raggiunto della filmografia dell’Europa dell’Est, che non ha paura di essere etica, di porre dubbi e interrogativi, di raccontare le contraddizioni del presente attraverso il passato e viceversa.

Emanuela Di Matteo, silenzioinsala.com

Dall’ambientazione circoscritta (…) alla coralità dell’impianto drammaturgico, da una certa, studiata lentezza del ritmo narrativo all’utilizzo di un rigoroso bianco e nero (la fotografia di Elemér Ragályi è uno degli elementi migliori del film), (…) l’indagine, implicita ma via via più serrata e pressante, dei segreti e delle colpe di un microcosmo la cui serenità è solo apparente. Un microcosmo che, nell’opera di Török, si rivelerà fin da subito scosso da tensioni di ogni tipo (…).

Stefano Lo Verme, movieplayer.it

Il film, costruito su uno sguardo a ritroso che ha il sapore del flashback solo indirettamente, aspetta un giudizio che non arriva se non nell’intimo di ognuno. Spettatori compresi.

Stefano Giani, blog.ilgiornale.it

(…) è un film perturbante, vivaddio, che osa e sbanda, e però ti lascia un segno addosso. E quella campagna ungherese percorsa dall’avidità, dalla rapacità, dalle miserie umane ricorda non solo il più livido e sconsolato Bela Tarr ma anche, soprattutto, altri film del passato (…) E come si fa a non pensare all’Ungheria di oggi, di adesso, con i suoi nazionalismi risorti e le chiusure identitarie e gli aroccamenti, con i suoi rigurgiti antisemiti? Si pensi solo agli attacchi continui a George Soros, di radici ebraico-magiare.

Luigi Locatelli, Nuovocinemalocatelli.it

1945 è un film curioso, una specie di western ungherese, rigoroso nel suo bianco e nero e rispettoso delle migliori regole di sceneggiatura.

redazione cinema, Internazionale

Film che emoziona e colpisce cuore e mente, nella proiezione speciale degli appuntamenti di “Chiacchiere & Ospiti” al Beltrade (…)

Giancarlo Grossini, vivimilano.it

presentato alla Berlinale l’anno scorso, dove è stato un po’ oscurato dal connazionale On Body and Soul, vincitore del Concorso. A ripescarlo è stata la passione (…) traducendo in azione positiva la giustificatissima insoddisfazione nei confronti della distribuzione italiana

Luca Mosso, TuttoMilano, Repubblica

(…) una perfetta ricostruzione d’ambiente: nulla di spettacolare, ma anche nulla di falso. (…) Nessun film esce a caso: questo rientra nella controversia politica sui risarcimenti per fatti di guerra. Ma 1945 serve bene la sua causa, perché è un film chiaro, intenso e asciutto.

Maurizio Cabona , Il Messaggero, 4 maggio 2018

(…) la piccola comunità una metafora della complicità all’olocausto (…)

Giovanna Branca, Il Manifesto, 3 maggio 2018

Bianco e nero, ben comtrastato. Funziona, per formare la giusta distanza nella permanente vicinanza. (…) Curiosa combinazione tra Gogol e Bela Tarr, riscatta qualche squilibrio in un finale memorabile

Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino, 4 maggio 2018

L’idea di villaggio come riflesso dell’intera società a sua volta pensata in termini di metastasi canceros, la trasmissibilità della colpa e quindii la corresponsabilità del male tutti elementi che fanno venire in mente Il nastro bianco di Haneke.

Matteo Marelli, FilmTv, 2 maggio 2018

Dieci film che meritano aspettando Sorrentino (…) la vita di un villaggio ungherese viene messa a soqquadro dall’arrivo in stazione di due ebrei ortodossi che scortano misteriose casse.

Giorgio Gosetti, Messaggero Veneto, 4 maggio 2018

La sceneggiatura è molto scarna dal punto di vista dei dialoghi e punta tutto su una realizzazione visiva – fatta di azioni e simbologie – in cui l’uso del bianco e nero risulta molto incisivo. Il regista indaga – attraverso le vicende personali dei protagonisti – il comportamento umano e le dinamiche dei gruppi e delle comunità in un senso più generale.

Alessandra Pappalardo, paroleacolori.com

Il terreno di gioco di 1945 somiglia a un insieme di cerchi concentrici: i due ebrei che per volontà loro camminano sul perimetro del villaggio, dettando le regole di una stasi ancora in vigore, le pattuglie sovietiche che dalle estremità circolano verso l’epicentro, e quest’ultimo, spaccato quasi tra i tentativi di movimento, redenzione o autoredenzione, ascolto della propria volontà, e il bisogno di mantenere lo status quo.

Pasquale Pirisi, sentieriselvaggi.it

Un film che sviluppa tematiche umane, sociali e storiche in un bianco e nero splendidamente evocativo: dispensando emozioni e concedendosi ad una piccola, elegante lezione di cinema.

Claudio Trionfera, panorama.it

(…) ribalta gli stereotipi delle consuete narrazioni sulla Shoah e senza facili retoriche racconta l’altra faccia della storia in un bianco e nero che affonda nello spettatore come un pugno allo stomaco. 1945 ci conduce nella zona grigia del dopo, nel calderone di un odio così radicato da sopravvivere alla guerra e all’occupazione nazista.

Daniela Gross, moked.it

Torok rende così la piccola comunità una metafora della complicità all’olocausto, riproducendone le dinamiche principali, anche con eccessivo schematismo: chi vi ha partecipato per convincimento, chi per codardia, chi per convenienza, la colpevolezza della Chiesa e delle istituzioni.

Giovanna Branca, Il Manifesto, 3 maggio 2018

Pochi dialoghi perchè tutto si esprime nel non detto, rivelando psicologie dominate dalla paura del ritorno di chi potrebbe voler indietro i propri averi e vendicarsi.Gian

Giancarlo Grossini, Corriere della sera, ed. Milano, 3 maggio 2018

Non perdete 1945, straordinario film di Ferenc Török in bianco e nero, datato agosto ’45, quando arrivano i russi in un villaggio ungherese insanguinato dal crudele filo nazista (…)

Maurizio Porro, Corriere della sera, 3 maggio 2018

Il regista Ferenc Török propone un approccio cinematografico raffinato e intelligente a un drammatico periodo di transizione della storia del suo Paese. 1945, col suo modo di procedere in maniera silenziosa ma inesorabile, ricorda anche un altro premio Oscar al miglior film straniero, Ida del regista polacco Paweł Pawlikowski. La pellicola di Ferenc Török ha una struttura narrativa ci cui malinconia e ironia si intrecciano in un crescendo di tensione.

artslife.com

1945 è un magnifico quanto tragicomico affresco delle miserie umane e come l’uomo per meri interessi economici e personali sia disposto a compiere qualunque cosa: anche una falsa delazione di un vicino ebreo e consegnarlo ai campi di sterminio. 1945 è un film ben scritto, diretto e magistralmente interpretato da un valido e solido cast (…).

Roberto Sapienza, nuoveedizionibohemien.it

Raffinato. Intelligente. Ipnotico. Lo spettatore viene coinvolto dall’inizio alla fine in un crescendo di emozioni e si ritrova a riflettere anche su temi universali e senza tempo.

Francesca Meucci, solomente.it

1945 ci porta in un mondo sospeso, in cui le piccolezze dell’uomo alle prese con i propri istinti più biechi sono ancora vive (…) ci porta nello spaesamento di chi si trova nell’occhio del ciclone senza rendersene conto, troppo vicino per mettere a fuoco il passato e troppo spaventato per costruirsi un futuro diverso.

Mauro Donzelli, comingsoon.it

Al suo sesto film, Török si conferma cineasta esperto, capace di dirigere una moltitudine di attori e di inquadrare la sua Ungheria con un occhio poetico, elegante, ma anche molto concreto. Vorremmo saperne e vederne di più di questo tipo di cinema, che stenta sempre a trovare distribuzione, se non grazie ai premi collezionati ai festival.

Furio Spinosi, cinemonitor.it

1945 è potentissimo e assai bello sotto tutti i punti di vista. Soprattutto perché ritrae in maniera mirabile l’angoscia che coglie chi è costretto a fare i conti con la consapevolezza che il silenzio in certi frangenti della vita e della storia significa complicità. E colpevolezza. Da vedere.

Erminio Fisichetti, ordinarymoviesblog.wordpress.com

Banale è il male, perché appartiene all’animo umano: così come l’anelito alla bellezza, che questa pellicola, ben scritta, ben diretta, ben recitata, ben realizzata sotto ogni aspetto, conserva e promuove, inducendo alla memoria e alla riflessione.

Gabriele Ottaviani, convenzionali.wordpress.com

1945 è un film sincero e brutale, che come poche pellicole, tratta l’Olocausto con eleganza e una sottile carica emotiva, che cresce con l’andamento della sceneggiatura per poi culminare nel finale. Un lungometraggio profondo, elegante e ben girato che scuote l’anima.

Valeria Ponte, anonimacinefili.it

non dev’essere stato facile per Ferenc Töröc tornare ad occuparsi di un periodo storico e di azioni miserabili che si preferirebbe seppellire nell’oblio. Perché è vero che l’avversione nei confronti dei russi è palpabile ma è anche altrettanto vero che chi li detesta non ha la coscienza a posto e questo stato non risparmia né uomini né donne e neppure chi rappresenta la Chiesa.

Giancarlo Zappoli, mymovies.it

Attraverso l’abile gioco del bianco e nero per l’aspetto fotografico, con la sceneggiatura e la direzione di Ferenc Török, 1945 si colloca nell’elenco dei film sull’olocausto, dramma storico, visto però da una diversa prospettiva.

Armando Ianniello, spettacolo.eu

Il cineasta indaga impietosamente, ma con un’ironia graffiante da black comedy, sulla colpevolezza di chi ha collaborato con i nazisti alla deportazione di migliaia di ebrei in cambio di privilegi e benefici personali. In un coinvolgente crescendo di tensione con le movenze di un western. 1945 non descrive l’orrore ma ne mostra gli effetti: è un film che colpisce duro.

Alberto Leali, zerkalospettacolo.com

Attraverso una scelta stilistica ben precisa – l’accentuazione di un bianco e nero e il forte risalto ad un’oggettistica che fa da contorno alla scenografia – 1945 appare come un film decisamente incisivo.

Alessio Giuffrida, dreamingcinema.it

Ferenc Török espande la portata del suo film collocandolo in un territorio tra l’intervento politico e la gelida e universale riflessione antropologica. Destini tragici per un’Europa che incessantemente rinnova steccati tra inclusi ed esclusi, in nome di una stabilità che spesso è solo sinonimo di egoismo e paura. Sorretto da una messinscena solida ed essenziale, appena compiaciuta nei preziosismi del bianco e nero e secondo linee drammaturgiche ben consolidate tra tòpoi letterari e convenzioni, 1945 mostra anche una spiccata capacità di lavorare su un racconto d’impianto corale, dove alla solitudine dei due ebrei si contrappone una massa inquieta e spaventata, per lo più da se stessa.

Massimiliano Schiavoni, quinlan.it

La fotografia di Elemér Ragályi è fredda, il percorso narrativo scorre inesorabile e puntuale lungo lo scandire delle lancette dell’orologio. 1945 è un film molto duro e, al tempo stesso, originale perché i “cattivi” non hanno fucili o uniformi, ma sono semplicemente persone comuni, che si sono arricchite sul sangue di altri.

Anastasia Mazzia, mondospettacolo.com

L’accusa di Török è puntuale e pungente… Ad una sceneggiatura lineare ed asciutta corrisponde una regia sempre attenta e silenziosa… Bellissima è la fotografia di Elemér Ragályi… “1945” è un film importante, necessario ed interessante: i “cattivi” non sono solo quelli che hanno il fucile ma anche chi, come gli abitanti del villaggio, hanno prima guardato inermi e poi hanno pensato solo al proprio vantaggio utilitaristico.

Anastasia Mazzia, hermovies.com

1945 riesce a calamitare un magnetico interesse da parte dello spettatore. Forse non tanto per quello che racconta ma per la maniera con la quale sceglie di mettere in scena questo dramma storico dalle atmosfere squisitamente western.

Letizia Rogolino, newscinema.it

1945 è un film in cui il discorso sull’Olocausto è fatto dal silenzio dei due protagonisti collaterali… drammatico ma con tracce di commedia nera, da cogliere sotto la superficie della gravità del racconto.

Alice Vivona, darumaview.it

Il regista, nel poetico bianco e nero, dipana il dramma del fine guerra in tutte le sfumature dell’anima. Le immagini nitide, la luce chiara, lo stile rapido, i silenzi parlanti, la novità dell’approccio, giustificano la serie di premi che il film ha ricevuto, fin da quando è apparso alla 67esima Berlinale.

Mario Dal Bello, cittanuova.it

Ragionare sulla depravazione morale di una comunità serve a Török per stendere una riflessione sulla storia della propria terra, spandendone l’utilità anche ai giorni nostri.

Alessio Morello, artwave.it

Ci sono stati talmente tanti film sull’Olocausto, che non pensavamo ce ne potessero essere ancora di originali, come lo è questo… Il regista Ferenc Török coglie abilmente questo momento spesso trascurato della storia e dal cinema, in cui le azioni di una piccola città diventano metafora del macabro fenomeno di arricchimento sulle spalle di milioni di morti.

Franco Baccarini, pressitalia.net

Il regista ungherese Ferenc Török disegna con fredda lucidità un periodo storico tragico per il suo paese, non ancora uscito dalla Seconda Guerra Mondiale ma in cui si percepivano già le prime avvisaglie della successiva dittatura.

Alessandro Caon, 2duerighe.com

È il ritratto di una società che cerca di venire a patti con gli orrori di una guerra, perpetrati o tollerati per il proprio guadagno personale. Una parabola sulle conseguenze del male e di una violenza che non si può dimenticare. (dal minuto 19.27 al minuto 21.12)

Anna Praderio, TG5 edizione del 19 aprile 2018
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